Street Art: psicologia sociale e rivoluzione dell’arte

Riqualificazione e teoria delle finestre rotte. Le scritte sui muri in città diventano uno strumento inaspettato di cittadinanza attiva e questo fino a qualche decina di anni fa non si sarebbe neppure lontanamente immaginato.

 Nato come segno di protesta se non come semplice atto di vandalismo, i “graffiti” nel corso degli anni sono divenuti una vera e propria forma d’arte e dove prima c’erano confusione e bruttezza sono nate invece nuove idee e forme d’arte. Nel nuovo secolo c’è stata effettivamente la svolta: prima l’idea di dipingere i muri era semplicemente incomprensibile ai più, ma poi qualche artista, precisamente Banksy dall’Inghilterra,  rivoluziona l’arte contemporanea regalando al mondo opere dal tocco ironico, a tratti poetico, ma soprattutto riflessive e profonde.

Molti di noi negli anni ’90 ricordano i volantini di protesta scolastica che timidamente si affacciavano in città rivendicando diritti e tentando un po’ di satira aiutati dai giornalini della scuola, e tanti realizzavano graffiti su cartoni e teli non potendoli realizzare sui muri - perché ricordiamolo che l’imbrattamento è reato. Successivamente maturarono delle iniziative interessanti: associazioni e anche alcuni enti pubblici iniziarono a mettere a disposizione pareti dove i ragazzi potevano legalmente divertirsi a realizzare le loro opere.

Da allora sono nati diversi laboratori ispirati a questo tipo di arte e la passione per la Street Art è esplosa in tutte le sue forme e ha acquistato un significato sociale ben radicato oltre che essere un’espressione puramente artistica.

Gli spray sostituiscono i tubetti di colori ad olio o le tempere e nuove forme artistiche prendono piede in tutto il mondo spesso urlando messaggi di pace, di amore, di richiesta di giustizia.

Infine - ecco il passaggio all’utilizzo della Street Art nel nostro quotidiano - l’idea di riqualificare aree urbane abbandonate a se stesse con un tipo di arte che avvicina le persone e armonizza le differenze utilizzando bombolette spray che prima richiamavano l’idea di incuria, di disordine e di sporcizia e oggi rappresentano un riscatto, un prendersi cura, una vera e propria trasformazione della figura vandalica all’interno della teoria dei vetri rotti del graffitaro incurante e irrispettoso della zona degradata della propria città, pronto a demolirla ulteriormente per sottolinearne l’abbandono o ancora peggio per approfittarsi dell’abbandono stesso, in una figura di artista che rivaluta, sostituisce quel vetro rotto o lo ripara per proteggerlo e valorizzare tutto ciò che lo circonda.

I maestri di quest’arte ormai sono ben conosciuti in tutto il mondo, ma piccoli artisti nascono ogni giorno nelle nostre città che sempre di più hanno bisogno di vigilanti senza armi a meno che non siano sorprendentemente armati di colori.

 

 Veronica Crisci per L'isola di Arturo ONLUS

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