La scuola e l'inclusione

 

 L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA IN FUNZIONE DELL’INCLUSIONE SOCIALE

L’APPROCCIO ALL’ALUNNO CON DISABILITA’

Focus principale e punto centrale della relazione sarà quello dell'importanza che la scuola ha nel processo di inclusione sociale e nella formazione di ogni bambino con o senza disabilità.

Partendo dall'esigenza di qualità nel fare scuola e facilitare l'apprendimento in tutti, proprio tutti, gli alunni si concentrerà sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, nell'inclusione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali e nel riconoscere e valorizzare efficacemente le varie differenze di tutti gli alunni.

Giungendo dunque all'importanza del perseguimento continuo del Progetto di vita e dell'inclusione sociale, naturali sviluppi della vita scolastica.

Si affronterà l’importanza che ha l’approccio al bambino con disabilità che entra nel mondo

scolastico, evidenziando la singolarità di ognuno e allo stesso tempo le generalità di un approccio funzionale all’instaurarsi di una relazione educativa efficace.

Considerata l'esperienza personale nel campo dell'autismo, parte dell’ intervento sarà dedicata al bambino autistico a scuola, portando come caso di esperienza pratica un'osservazione diretta effettuata a scuola e finalizzata alla definizione di strategie educative valide al perseguimento di obiettivi educativi funzionali al progetto di vita del bambino.

 

PROGETTO DI INTERVENTO GLOBALE PER LA PERSONA

Il personalismo pedagogico respinge in modo fermo la concezione dell’uomo sottoposto al meccanismo stimolo-risposta, dell’uomo robot, dell’uomo deterministicamente posto nel mondo, privilegiando l’ideale dell’uomo autonomo e libero, per sua natura chiamato a costruire con responsabilità la propria esistenza nella trama delle relazioni intrecciate nel tempo e dello spazio.

Secondo il personalismo pedagogico la persona è per sua caratteristica intrinseca chiamata dall’avveramento del sé, in conformità all’assunzione di consapevolezza delle proprie potenzialità e possibilità d’azione, nell’attenzione prestata alle indicazioni provenienti dalla sfera dell’intersoggetività e dell’ambiente circostante.

L’impellenza pedagogica deve evitare il manifestarsi discrezionale e deve dar risalto alla prospettiva dell’integrazione umana.

L’educatore ha il compito di secondare la predisposizione di ciascun soggetto affidatogli a farsi persona unica ed irripetibile.

L’educatore si precisa come aiutante delle spinte positive anteriori.

In termini pedagogici possiamo dire che egli attiva una relazione educativa da persona a persona, per mezzo del quale il soggetto in crescita è messo in condizione di portare a compimento la gran parte delle risorse personali. Ogni uomo è singolarità, unicità, irripetibilità. Da tener presente che senza l’opera dell’educatore, l’educando non può adempiere al suo progetto di vita.

Il minore, attraverso l’aiuto offertogli dall’adulto e per mezzo del tessuto dialogico in cui entrambi si situano, attende al proprio concretamento quotidiano nella prospettiva di un progetto generale di vita, elaborato anch’esso in virtù del contributo proveniente dalle relazioni educative a cui partecipa.

L’educatore e l’educando, comunque, non avranno mai la certezza del risultato ma soltanto la speranza che l’obiettivo conseguito si avvicini il più possibile a quello progettato.

Nel corso dell’infanzia domina il perché indagatore. Già verso i tre anni di vita, davanti a una certa sollecitazione, ad un fatto o una circostanza, il bambino s’interroga: “Perché?”. Si tratta di una domanda che permette al soggetto in crescita di immergersi nel suo ambiente e, mediante le sollecitazioni e le risposte ricavate, di attendere alla costruzione della propria realtà personale.

Nel corso dell’adolescenza campeggia “Chi sono io?”. Tale interrogativo riguarda in modo preciso la ricerca dell’identità personale. La necessità di rispondere ed esso sospinge il soggetto a un lavoro d’introspezione e di valutazione della propria realtà personale, insieme alla proiezione di sé in un futuro da costruire sulla scorta delle esperienze trascorse e della situazione contingente.

 

Stile educativo familiare

Famiglia rigida.

È contraddistinta da legami interpersonali fortemente asimmetrici, gerarchici, che accentuano il dislivello di competenza esistente tra genitori e figli. Al suo interno ciascun individuo è tenuto a rimanere ben fermo nel proprio spazio operativo, secondo lo schema discrezionalmente fissato dagli adulti: al rigido controllo di questi sono sottoposti atti gesti, comportamenti, esperienze della prole.

Famiglia parcellizzata.

Si presenta con legami strutturati all’insegna dell’orizzontalismo, che priva i figli della possibilità di fare riferimento a positivi modelli di crescita. Presso i genitori si nota la rinunzia a esercitare interventi direttivi della condotta della prole e l’inclinazione a soddisfare tutte le richieste. Essi muovono dal presupposto che i figli sono di per se stesso capaci di agire con responsabilità. Le esperienze non sono sottoposti a nessun controllo dell’adulto.

Famiglia duttile

È connotata dall’integrazione dei piani di rapporto coniugale, parentale, fraterno. In essa mediante l’attenta valutazione del livello di responsabilità conseguito dai singoli membri, si tende l’attuazione di un clima democratico, partecipato, che giovi all’incremento delle capacità personali. Atti, gesti comportamenti, esperienze sono razionalmente controllati dagli adulti, allo scopo di correlare il livello di maturazione individuale alla conquista dell’indipendenza e della responsabilità individuali. Le indicazioni del padre e della madre valgono per tutta la compagine domestica e sono razionalmente modificate, in conformità al procedere del personale e comune divenire. La comunicazione tra genitori e figli è contraddistinta dal feed-back educativo: padre e madre prestano attenzione ai suggerimenti provenienti dai figli e sono disponibili a modificare le modalità d’intervento adottate.

 

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